Secondo un rapporto di Andrew Hamilton, client partner di Hitachi Consulting, entro il 2050 il 70% della popolazione mondiale abiterà nelle città, a causa della compresenza di molti fattori economici e sociali, determinando una svolta epocale e sovvertendo quello che, da sempre, era stato il paradigma abitativo della specie umana: città più o meno grandi circondate dal contado, dalla campagna, dalla quale proviene la linfa vitale che le fa vivere. Questa urbanizzazione massiccia, in atto non solo nei paesi asiatici ma anche nel mondo occidentale, pone davanti enormi sfide di tipo sociale, economico, ambientale. L’unico modo per farvi fronte è riconsiderare il concetto stesso di città e passare all’urbanistica 4.0.
Di cosa si tratta? In buona sostanza, si tratta di una visione olistica, globale di tutto ciò che ruota intorno alla vita di una città: gestione dell’energia e dei rifiuti, trasporti, logistica, salvaguardia ambientale, costruzione e manutenzione di servizi e infrastrutture, etc. Ebbene, ci stiamo dirigendo, neanche tanto lentamente, verso un futuro in cui queste questioni non saranno più affrontate “a compartimenti stagni”, ma lo saranno in maniera integrata. Grazie alle tecnologie legate al mondo dell’ICT (cloud, big data, IoT, additive manifacturing, internet a 5G, CMMS, etc), infatti, tutto sarà connesso, e gli interventi necessari al miglioramento della qualità dell’ambiente, dei servizi e della vita in generale saranno pianificabili e gestibili con maggiore efficienza ed efficacia. La circolazione e l’elaborazione sempre più veloce dei dati farà sì, perciò, che gli interventi “a macchia di leopardo” saranno, un giorno, solo un lontano ricordo. Un esempio pratico: un grattacielo di New York si dota, mettiamo il caso, di un costoso sistema di sensori per far sì che le luci si spengano nel momento in cui non c’è nessuno, risparmiando così energia. Se però questo sistema non si integra con quello che regola l’aria condizionata e il riscaldamento sanitario, il beneficio che ne risulta sarà molto ridotto. Ecco, in futuro non sarà più così, o lo sarà molto di meno. In un mondo sempre più complesso e globalizzato, infatti, agire su singoli settori (riscaldamento, logistica etc) o su singoli quartieri sarà una strategia che non pagherà e che non ci potremo più permettere, se vorremo rendere vivibili città con 30 e più milioni di abitanti.
Questa, dunque, è l’urbanistica 4.0, la nuova frontiera verso la quale siamo diretti: un futuro di città smart, sempre più connesse, dove i problemi saranno affrontati in un’ottica di collaborazione tra cittadini, istituzioni, suppliers, e gli investimenti, enormi, saranno ripartiti tra i diversi player: sarà un futuro, insomma, che, se ben gestito, permetterà di affrontare con successo le problematiche che le trasformazioni tumultuose, in tutti gli ambiti, cui abbiamo assistito in questi anni hanno portato e porteranno.
In tutto questo, il facility management e la manutenzione intelligente rivestono un ruolo fondamentale: l’efficienza delle infrastrutture e la loro sostenibilità, sono, infatti, il fine ultimo al quale tendono tutte le tecnologie di cui parliamo ormai quotidianamente. Le infrastrutture sono, per così dire, lo scheletro intorno al quale le città vengono costruite: se esse non sono efficienti, il sistema è destinato a cadere. Come faremmo, senza di esse, ad avere la connessione veloce? Come ci sposteremmo? Come tratteremmo i rifiuti? E’ per questo che tanti sforzi si stanno facendo in questa direzione! Secondo uno studio della società israeliana Anodot, il valore della manutenzione predittiva si aggira attorno alla cifra monstre di 600 miliardi di dollari, e questo trend, data la complessità sempre maggiore degli impianti, non farà che aumentare.
Le tecnologie che ruotano intorno alle smart-cities, quindi, sono il fondamento di un mercato, in continua espansione, che muove ogni anno svariati miliardi di dollari. Sviluppare questo mercato è nel nostro interesse e nell’interesse della salvaguardia del pianeta.