Il termine API indica l’acronimo Application Programming Interface.
In genere sono raggruppamenti di funzioni “standard” di codici. Vengono usate per semplificare la scrittura del codice di un software ed evitare ridondanze e ripetizioni inutili.
Solitamente possono essere create da singole società o gruppi di persone, che possono decidere di distribuirle liberamente o meno. Nel primo caso si fa per permettere la diffusione di un software, come un sistema operativo (ad esempio Windows di Microsoft). Nel secondo caso si limita la distribuzione per monitorare i collaboratori o per mantenere diritti o brevetti (es quelle di sviluppo per console).
Oggi esistono oltre 14 mila API di uso pubblico. Queste vengono utilizzate per l’integrazione di nuovi servizi e ampliare il bacino di utenza dei propri asset, in modo da aumentare ricavi e fidelizzazione.
Lavorando con le API è importante prestare attenzione alla sicurezza. Se un API non riesce a riconoscere dei dati infetti, può trasmetterli ad un altra di terze parti, andando ad attaccare tutte le applicazioni collegate ad esse. Questo potrebbe compromettere i dati degli utenti.
Monitorare la sicurezza delle API è importante soprattutto per le aziende che producono applicazioni mobile. L’utilizzo di questi raggruppamenti di codice, infatti, permette di evitare l’alterazione e la modifica di dati e servizi in essere o gestire e integrare servizi cloud e on premise. Quest’aspetto rende le API importanti nell’ambito della digital trasformation, che vede sempre più spesso l’implementazione di servizi in cloud, app e integrazioni di IoT.